Nel periodo dell’anno, in cui il velo tra i mondi si assottiglia ancor di più, potrebbe rivelarsi utile un agile excursus storico delle sue peculiarità, un piccolo viaggio alla scoperta del corretto approccio al culto degli antenati.
Dai Sumeri agli Egizi, dagli Incas agli attuali popoli moderni, pubblicamente o nel calore della propria casa, gli antenati defunti continuano a vivere nel ricordo e nella preghiera generando una sorta di culto di natura intima, molto personale anche nella sua espressione esteriore.
Non dobbiamo cercare degli standard di approccio: non esiste una sola via proprio perché parliamo di pratiche personali.
La parola stessa “culto” si riferisce all’insieme delle pratiche spirituali di connessione che possono essere individuali, come la preghiera o la meditazione recitata in silenzio, ma più spesso sono costituite da azioni esterne e pubbliche, definite appunto “atti di culto”; questi traggono la loro forza dalla fiducia che i membri defunti di una famiglia o di un clan possano vegliare sui propri discendenti e siano in grado di influire sul loro destino.
In tali sistemi di credenze, l’antenato può assurgere al rango di spirito guida o ancestrale Maestro che continua a vivere nella memoria collettiva, nella tradizione spirituale da lui fondata o persino nel lignaggio da lui generato, i cui discendenti ne costituiscono, in un certo senso, il corpo manifesto.
Dall’inizio dei tempi, il culto degli antenati si è affermato come la pietra angolare della vita religiosa e ha continuato a esserlo fino ai giorni nostri.
Veri e propri intercessori e intermediari presso le Forze e le Potenze celesti, questi spiriti potevano anche “immischiarsi” nella vita privata della famiglia, in particolare per mezzo dei sogni.
Molte di voi hanno l’abitudine di offrire incensi e candele: sicuramente è un gesto molto gentile e adeguato alle vibrazioni di alcuni tipi di Esseri, come quelli rimasti nel regno dello spirito, quindi : Angeli, guide, maestri ascesi, eccetera. Invece, per quanto riguarda i nostri trapassati, il veicolo-offerta dovrebbe essere “più consistente” o comunque più consono alle loro frequenze e “familiare” a essi, fatto di frutta, dolci, vino, tabacco e così via.
Il cibo ricco di essenza vitale e amore, pieno del flusso della vita che lo ha prodotto, diventa una vera dispensa vibrazionale di cui gli Spiriti possono disporre, rallegrandosene.
Questa solidarietà tra le generazioni, così profonda, questa “religione del patto” come la definisce René Grousset, ci rimanda alla religione agraria che rifletteva un autentico patto di concordanza tra la Terra e il Cielo, tra la Dea Madre terra e il Sovrano celeste del Sole, per il massimo profitto delle semine e dei raccolti.
“Nel culto ancestrale, un tacito patto lega in tal modo l’antenato ai suoi discendenti incaricati di nutrire la sua anima, di “ricaricarla” per mezzo di cibi offerti e di attenzioni, per garantirne la sopravvivenza attraverso il ricordo.
È molto importante ricordare che ci sono molte anime di cui nessuno più si ricorda, anime che non ricevono più offerte, pensieri, fiori e quant’altro perché magari sono morti in luoghi lontani o in tempi remoti e dei quali persino i diretti discendenti ignorano l’esistenza . Queste anime possono restare come spiriti senza Patria e divenire spettri o fantasmi erranti.
L’esortazione è quella di estendere la nostra preghiera oltre l’ illusione del Tempo e dello Spazio e che tutti gli antenati di tutta l’Umanità ne possano beneficiare.
Qualora vi trovaste di fronte a una presenza che sta disturbando la vostra vibrazione o salute, il vostro essere a livello lavorativo o durante le consuete pratiche meditative e spirituali, fate a questa anima un’offerta di cibo, collocandola lontano dalla vostra casa, e mi raccomando: siate generose! Fate in modo che attraverso questo cibo lui possa essere riconosciuto, nutrito e ricollegato ai grandi flussi che uniscono il cielo e la terra. Dopodiché immaginate un Vorticoso canale di luce che quell’anima possa seguire per raggiungere il regno della sua pace.
Là, dove le vostre preghiere possano giungere anche a lui.
Grazie
Michela Chiarelli e Titti Bellini ©®